giovedì 28 gennaio 2010

Radici


Le cose succedono quando noi ce ne accorgiamo, che è un po' come dire che finché non riesci a vedere una cosa è come se non esistesse. Eppure è lì, è un fatto, c'è sempre stato.
A natale ho sentito al telefono mia cugina, quei rapporti familiari che si vorrebbe sempre stringere di più, ma che poi finiscono per incrociarsi solo alle feste comandate. Abbiamo parlato abbastanza a lungo, mi ha detto che vende casa, troppo grossa e isolata su per le montagne e ridiscende a valle, forse tornando verso Bologna, dove una volta abitava. Io le ho detto del progetto di andare a vivere a Occhiobello, e del mio amore per Ferrara. Ho scoperto così che suo padre, mio zio, amava molto Ferrara e lì aveva molti amici, molti dei quali appartenenti alla comunità ebraica.
Sulle prime ho solo registrato la cosa, ma a distanza di qualche ora, mentre mi stavo per addormentare, il pensiero si è fatto più intenso, e i collegamenti, e i ricordi.
Il giorno dopo ho chiesto a mia madre, che mi ha detto che si, ricorda vagamente dei lontani parenti ferraresi della famiglia di papà.
Per parte mia ricordavo benissimo quando papà mi raccontava che nonno era stato chiamato nel '38, a causa delle scellerate leggi razziali, a "discolparsi" di un cognome, Raffaelli, che sapeva molto di ebraico.
Come molti la mia memoria storica si ferma ai miei nonni, oltre loro  le notizie, nemmeno mai particolarmente ricercate, non vanno.
Una veloce ricerca in rete mi ha dato la conferma che il mio cognome è presente a Ferrara da tempi lontani. Il prossimo passo immagino che sarà cercare di sapere dai registri della comunità israelita se qualche Raffaelli è emigrato verso il centro Italia. O forse lasciare che rimanga questa ipotesi, sceglierla per buona, e chiudere un cerchio tornando dove vivevano i miei antenati, forse.

sabato 16 gennaio 2010

Norme comunali

Se il razzismo ha vari gradi, e se si può parlare di razzismi diversi, direi che quello di chi gli "altri" li usa e poi li vorrebbe buttare a mare, è il più rivoltante. Comunque Occhiobello per ora sembra immune dalla fregola normativa (e normalizzante) durerà anche quando mi (ci) vedranno?

sabato 9 gennaio 2010

Lo Svedese

Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c'è un senso. E quando capita una cosa simile la felicità non è più spontanea. È artificiale e, anche allora, comprata al prezzo di un ostinato estraniamento da se stessi e dalla propria storia. L'uomo bello e buono col suo modo indulgente di affrontare il conflitto e la contraddizione, l'ex atleta sicuro di sé ragionevole e pieno di risorse in ogni lotta con un avversario leale, si trova a doversi misurare con un avversario che leale non è - il male inestirpabile delle relazioni umane - ed è spacciato. L'uomo la cui naturale nobiltà consiste nell'essere esattamente ciò che sembrava ha dovuto patire troppe sofferenze per poter ritrovare l'ingenua integrità. Mai più lo Svedese sarà contento alla vecchia maniera fiduciosa malgrado per amore della seconda moglie e dei loro tre ragazzi (per amore della loro ingenua integrità), continui crudelmente a fingere di esserlo. Stoicamente soffoca l'orrore. Impara a vivere dietro una maschera. Una prova di resistenza durata tutta la vita. Una prestazione eccezionale realizzata su un campo in rovina. Levov lo Svedese ha una doppia vita.


Philip Roth, Pastorale americana, Einaudi

mercoledì 6 gennaio 2010

Marcello




Chi avresti voluto essere se avessi potuto scegliere? Un gioco un po' stupido che quasi tutti abbiamo fatto almeno una volta. Stupido anche perché come si fa a essere qualcun altro che non se stessi? Che se fossimo qualcun altro saremmo lui e non noi.
Insomma, il gioco è stupido, ma il sentirsi in comunione con qualcuno non lo è affatto.
Avrei voluto essere Marcello Mastroianni.
Bella forza: bello, famoso, bravo, ricco, amato.
Anche se lo sento vicino per altro, a cominciare da quello sguardo sempre un po' attonito, come di uno che si meraviglia delle cose. Anzi, come di uno che si meraviglia ANCORA delle cose. La meraviglia di Marcello, la voglia di scoprirsi ingenuo e stupito, avendo visto tutto.
Così come il suo essere senza apparire, essendo di una bellezza assoluta e struggente senza essere canonicamente bello, essendo un attore perfetto senza mai farlo apparire troppo. Insieme schivo e sfacciato. Un uomo che poteva morire schiacciato dalla sua fortuna e che invece non si è mai fatto incasellare, troppo intelligente per prendersi sul serio.
Come molti attori ha fatto film da storia del cinema e film discutibili, anche piuttosto brutti, ma che vale la pena vedere solo per la sua presenza. Un'espressione capace di redimere la più ovvia cafonata.
Ecco, essere lui no, che lui è lui e io son io. Ma averlo avuto come uno zio a cui chiedere le cose e che mi raccontasse di sè, quello si che mi sarebbe piaciuto.